
Attorno alla metà del VI secolo a Campione e in epoca altomedievale imprecisata a San Giorgio in Varolo prende avvio un insediamento eremitico che, nel secondo sito, si è concluso solo nel XVIII secolo. Questo è un fenomeno testimoniato, sempre in età altomedievale, anche nel Sommolago (eremo di San Brizio) e sul Monte Baldo a Brenzone (eremo di San Benigno e Caro di età carolingia).
San Giorgio in Varolo viene così descritto da Silvano Cattaneo alla metà del XVI secolo:“Tra li confini della gran montagna e del lago vi è un sito cavato nel sasso, lungo da cinquanta passi e largo da venticinque, con alcune grotte dinnanzi murate, che a uso di camere, di caneva e di cucina se ne serve chi lì alberga con una scala nell’istesso sasso, per la quale si ascende da cinquanta scaglioni sin ad un’altra più alta grotta, dove entro evvi la chiesetta di San Giorgio… Innanzi alla detta casa vi è una corte assai comoda, con bellissimo giardinetto accanto, ripieno di cedri, di aranci, limoni et altri alberi ameni et odoriferi, a capo del quale vi è un’altra grotta, che serve da por le tavole… ed altri strumenti rusticali…”.Il sito era stato probabilmente scelto nel 1220 da san Francesco come insediamento eremitico, prima della costruzione del monastero di Gargnano. Ancora nel 1750 risultava in possesso dei frati che rivendicavano l’esenzione della chiesa di San Giorgio dalle visite pastorali del vescovo di Trento.
Nonostante il sito sia stato gravemente compromesso, negli anni 1929-31, dalla costruzione di un ponte della Gardesana, sono ancora riconoscibili le strutture descritte da Silvan Cattaneo: (1) alcune grotte murate, allora adibite a camere, cantina, cucina; (2) uno spazio libero tra questi ambienti e il lago, allora occupato da una corte assai comoda con un piccolo giardino di agrumi; (3) una seconda grotta, più in alto, alla quale si accedeva con una scala di cinquanta gradini; (4) ciò che rimane della chiesa, ovvero il solo presbiterio. Queste strutture possono essere riferite a tre periodi principali: il più antico altomedievale, il secondo attorno al Mille, il terzo compreso tra XVII e XVIII secolo.
Alla fase più antica è attribuibile la parte più interna della grotta con due ambienti sovrapposti, separati da un orizzontamento ligneo e chiusi verso il lago, al piano terra da una parete artificiale di roccia, al piano superiore da una muratura, in gran parte demolita. Al piano terra, alla quota di 5,30 m sul livello lago, vi è un vano di circa 11 mq, con pavimento in malta rivestito di cocciopesto e soffitto ligneo, segnalato da alcuni buchi per travi scavati nelle pareti rocciose. Il tratto meridionale della parete contro monte è parzialmente rivestito da un intonaco di malta, sul quale sono stati incisi a crudo un pesce, una mano, una croce e quattro petali inscritti in un cerchio. Al livello superiore vi è traccia, su entrambe le pareti rocciose, di un orizzontamento ligneo con alcune buche per travi e due riseghe artificiali.
La grotta è chiusa da una doppia muratura: quella esterna, caratterizzata da un paramento in masselli, regolari e con giunti stilati, tipico della seconda fase (XI secolo), si addossa ad un muro altomedievale dello spessore di 1,12 m, conservato in alzato per 2,50 m e realizzato con pietre spaccate e frammenti di laterizio di tipo romano, disposti in corsi irregolari e legati da malta biancastra.
La fase romanica (XI secolo) vede un generale rinnovamento del sito con la costruzione (o ricostruzione) della chiesetta, ricavata in una grotticella posta alla quota di 22 m sul livello del lago. Si conserva il solo presbiterio rettangolare di 3,40 x 4,30 m, delimitato a ovest, dove era l’altare, dalla parete rocciosa e sui lati contigui da una muratura romanica del tutto simile a quella che chiudeva la grotta in questa fase. Il perimetrale sud era affiancato da una muratura con andamento semicircolare che reggeva una scala costituita da gradini in lastre di pietra inserite nel muro. Nella muratura è ricavata una piccola cella di 2 x 1,40 m scavata nella roccia alla quota di 11,70 m. Potrebbe appartenere alla fase romanica anche una cella posta sull’altro lato della grotta, di cui si conserva solo l’impronta nella roccia del lato ovest, rivestito di intonaco bianco sul quale è disegnata una croce con colore rosso.
Nel presbiterio sopravvivo alcuni lacerti di affreschi romanici: sulla parete ovest una Deesis o una Maiestas Domini con una grande figura di Cristo assiso in trono, circondato dai due cherubini; in quella nord, in alto episodi della condanna e del martirio di un santo, forse san Giorgio suppliziato con una ruota, in basso, figure maschili, forse Apostoli.
Tra XVII e XVIII secolo l’abside viene voltata a crociera, con peducci che verso est si innestano su un pilastro plausibilmente pertinente all’arco trionfale. Posteriore al pilastro è un intonaco che riveste la volta a botte della navata sul quale è graffita la data 1631. Vengono anche predisposte tre nuove celle.
Questo post è disponibile anche in: Inglese
Medioevo sul Garda