Il monastero di San Salvatore

Il monastero di San Salvatore

Il monastero di San Salvatore fu fondato da Ansa, moglie del re longobardo Desiderio, in un’area già occupata in precedenza da capanne ed edifici abitativi, ai piedi della collina di Cortine e all’interno del castrum di Sirmione. Il primo documento al riguardo è un diploma di Carlo Magno del 774, nel quale si menziona un “monasteriolo” fondato di recente (“novo opere”), che l’imperatore dona al monastero di Saint-Denis. Il cenobio, sia in epoca longobarda, sia poi dal IX secolo, fu però alle dipendenze di San Salvatore di Brescia e vi rimase fino alla fine del XV secolo, quando venne alienato con le sue numerose proprietà. Nel XVI secolo la chiesa versava in pessime condizioni, tanto che ne venne proposto l’abbattimento, che tuttavia non fu attuato. Nel 1686 fu restaurata.
Nel 1856 il conte Giovanni Girolamo Orti Manara ne dava una descrizione minuziosa: un edificio di 7,15 x 24,15 m in precario stato di conservazione, con presbiterio rialzato, cripta triabsidata cui si accedeva da due scalette laterali con ambiente centrale più ampio dotato di altare e sepolcri manomessi al di sotto del pavimento della navata.
Agli inizi del Novecento l’area aveva ormai assunto una destinazione agricola. Nel 1909 si poteva ancora scendere alla cripta tramite sette gradini, ma “il piccolo podere era di proprietà dei contadini che distrussero e sconvolsero tutto”.
Alcuni anni più tardi l’area fu completamente sbancata per realizzare i giardini pubblici. Questo comportò l’asporto di una mole notevole di terreno, per una profondità di circa un metro e mezzo. Vennero cancellati non solo i livelli pavimentali dell’atrio e della navata, ma anche quelli della cripta, di cui si conservarono soltanto alcuni lacerti a ridosso degli emicicli absidali, così come furono asportati tutti i sepolcri. Nel 1959 un restauro della Soprintendenza Archeologica portò al ripristino dell’aspetto primitivo dell’area absidale, rimuovendo le superfetazioni che nel corso dei restauri del 1686 avevano reso rettilinea la parete esterna orientale, andando ad occultare la sua originaria conformazione triabsidata. All’interno della cripta, interamente scavata, furono riportati alla luce gli affreschi originari.

Nel 1984 alcuni saggi di scavo a nord-est della chiesa portarono in luce alcune strutture murarie isorientate attribuite al monastero e a resti di edifici longobardi precedenti alla costruzione del cenobio, che testimoniano la presenza di un abitato, che in età altomedievale si estendeva in questa zona della penisola. A questo sono da attribuire anche numerose buche di palo e tracce di una strada nell’area orientale della chiesa. A sud dell’edificio sacro si estendeva un’area cimiteriale, in parte sbancata negli anni ’30 per la realizzazione delle scuole elementari. Tra il 1997-1998 e il 2002 sono venute alla luce un centinaio di sepolture di diversa tipologia databili tra la seconda metà dell’VIII e il XVI secolo.

La chiesa di San Salvatore è considerata uno degli esempi più interessanti di architettura tardo longobarda. Costituita da un’aula unica triabsidata, era dotata di una cripta del tutto simile ai modelli pavesi di Santa Maria alle Cacce, di età liutprandea, e di San Felice, edificata da Ansa negli stessi anni. Sopravvissuta parzialmente in alzato fino alla metà dell’Ottocento, oggi mantiene soltanto il perimetrale orientale corrispondente all’area absidale e il perimetrale settentrionale per un’altezza di circa 2,50 m, mentre il tratto orientale del lato meridionale si conserva soltanto a livello di fondazione per una lunghezza di circa m 10.
01m-Sirmione,-San-Salvatore,-sequenza-costruttiva

Sequenza
Fase I: seconda metà VIII secolo
Il nucleo originario era costituito da un edificio di dimensioni ridotte, ad aula unica triabsidata dotato di cripta. Di questa chiesa si conservano il perimetrale nord per un’altezza di 2,50 m, parte del perimetrale sud in fondazione e il perimetrale orientale per tutta l’altezza della cripta (circa 3 m). Della facciata non resta alcuna traccia; è possibile che si trovasse in corrispondenza di uno scasso visibile sul muro nord; in tal caso la chiesa avrebbe avuto un’ampiezza di 11,50 x 7,15 m.
Della cripta restano in alzato le absidi e il lato nord, mentre il sud e l’ovest affiorano solo a livello di fondazione. Si tratta di una cripta del tipo “a corridoio occidentale” costituita da tre absidiole semicircolari con tracce di affreschi datati alla seconda metà dell’VIII secolo. Nell’abside nord si conservano parti di una finestrella ad arco originaria. Vi si accedeva tramite due scalette, parzialmente conservate, che immettevano in un corridoio su cui si affacciavano le tre absidi; tra le scale era collocato un altare in muratura per la custodia delle reliquie. La copertura, che si conserva parzialmente nell’abside settentrionale, era costituita da volte in tufo; la pavimentazione da tavelle in cotto.
Appartiene a questa prima fase anche una struttura del monastero addossata a nord alla chiesa, forse un portico o un corridoio.

Fase II: IX-XII secolo
In un periodo successivo, compreso tra il IX e il XII secolo, l’edificio venne ampliato verso ovest. Questo comportò la demolizione della facciata originaria e la costruzione della nuova facciata, cinque metri più a ovest. La tecnica costruttiva, in scaglie di marna poste in corsi abbastanza regolari, è diversa dalla precedente, che impiegava anche ciottoli e pietre di diversa provenienza.
A nord, in addosso alla chiesa, venne ricavato un ambiente funzionale alla stessa, sfruttando le strutture preesistenti del monastero.

Fase III: IX-XII secolo
Successivamente, alla facciata della chiesa venne addossata una struttura, probabilmente un atrio, lungo 7,5 m e poco più stretto della chiesa. La tecnica muraria è molto simile a quella di fase II e l’interno era affrescato, come testimoniano le labili tracce rimaste.

Fase IV: XIII-XIV secolo
Nel basso Medioevo l’assetto dell’edificio restò invariato, ma venne ricostruita tutta la zona absidale soprastante la cripta. Questo intervento è ben riconoscibile dalla tecnica costruttiva, in scaglie di pietra e ciottoli disposti in corsi orizzontali regolari che ricorda quella delle mura scaligere di Sirmione e della fase bassomedievale di San Pietro in Mavinas, restaurato nella prima metà del XIV secolo. Ad eccezione di alcune modifiche alle finestrelle delle absidi, non si registrano altri cambiamenti sostanziali.

Fase V: 1686
Un restauro del 1686, testimoniato da un’iscrizione riportata da Orti Manara, comportò una modifica sostanziale nella fisionomia dell’edificio: in quell’occasione il profilo triabsidato del prospetto est venne trasformato in modo da risultare rettilineo, con angoli arrotondati. L’effetto si ottenne tamponando e occultando le nicchie tra le absidiole della cripta e tutti i punti in cui le murature romaniche e altomedievali seguivano un andamento semicircolare. La parte superiore del paramento, quella del presbiterio, fu in buona parte ricostruita con una muratura in opera incerta anch’essa rettilinea. Soltanto l’interno della cripta mantenne il suo aspetto triabsidato.

 

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Medioevo sul Garda