
Al di là dello spartiacque morenico, tra Drugolo e Bottenago, in età romana vi erano almeno un villaggio e alcuni edifici rustici rurali romani. Un’importante epigrafe, riutilizzata in una sepoltura altomedievale all’Arzaga di Calvagese, ricorda una certa Claudia Corneliana, citata anche nella dedica di un altare votivo rinvenuto nella grande villa di Toscolano (vedi scheda di Toscolano). Nel cippo dell’Arzaga, l’illustre signora dona ai coloni del villaggio di Arzago una valle esente da tasse, in cambio di un’obbligazione perpetua, consistente in una celebrazione annuale in memoria della donatrice. Tra le ville rustiche della zona, la meglio documentata è quella di Bottenago Roccolino i cui perimetrali coincidono, almeno per due lati con il bordo di un dosso di 50 x 60 m. Ha due livelli pavimentali, separati da uno strato di macerie provenienti dalla demolizione dell’edificio più antico che aveva un intonaco color avorio. Il secondo piano pavimentale, sopraelevato di circa un metro nel IV-V secolo, era a mosaico.
Tessere musive si rinvengono anche sul vicino dosso di Bottenago località Castello, dove vi era l’antica chiesa plebana di Santa Maria Assunta, appartenente alla diocesi di Brescia. È ricordata per la prima volta in un atto del 28 settembre 1167 con il quale il vescovo di Brescia Raimondo, dopo aver consacrato San Michele di Drugolo, rinuncia, di fronte ai fedeli presenti, ai diritti giurisdizionali sulla chiesa, che rimangono invece, congiuntamente, al monastero di San Pietro di Serle, alla pieve e ai chierici di San Michele. Tra i testimoni vi sono gli arcipreti di Pontenove e Lonato e i sacerdoti di San Pietro al Monte, Montichiari e Arzaga, ma stranamente non compare l’arciprete di Bottenago. Da questa solenne dichiarazione del vescovo si deduce che, dal momento che la pieve di Bottenago estendeva la propria giurisdizione fino a Drugolo, doveva comprendere almeno le cappelle dei villaggi di Carzago e di Arzaga, se non anche di Castrezzone e di Calvagese, confinanti a nord e ovest con Bottenago.
La chiesa, a tre navate divise da colonne, venne abbandonata alla fine del ‘700 ed era già priva del tetto e con le colonne crollate nel 1876 quando la disegnò e fotografò Pietro Da Ponte, incerto se datarla al XII-XIII secolo o al XIV – inizio XV, mentre Gaetano Panazza, in tempi più recenti, l’ha giudicata del XII secolo. Da quanto si può osservare nelle immagini allegate al taccuino del Da Ponte si deducono più fasi costruttive: (a) l’abside centrale in pietre spaccate è in opera incerta con arco trionfale in conci squadrati; esternamente è ripartita da lesene che si innestano su una cornice sporgente, simile ad un’altra cornice nella parte alta della muratura, un motivo questo che si ritrova nelle absidi di San Cipriano a Lonato di San Donino a Desenzano (vedi schede); nelle specchiature vi sono tre monofore; quella al centro nel disegno frontale è archiacuta, mentre nella foto e nel disegno dell’esterno sembra a tutto sesto, come le altre due; (b) le absidiole laterali, probabilmente aggiunte, hanno un arco trionfale acuto; (c) il campanile è in conci squadrati, salvo la cella campanaria pertinente ad una seconda fase; (d) la facciata presenta un grande rosone e un tardo portale in pietra a tutto sesto. Frammenti di arredo liturgico in pietra di Botticino, già segnalati come longobardi alla fine del XIX secolo quando erano riutilizzati, come ricorda il Fossati, “al vertice degli archi”, sono stati recuperati una ventina di anni orsono. Quello pubblicato, decorato con una testa zoomorfa tra due girali vegetali è databile all’VIII secolo e suggerisce che vi fosse una chiesa più antica di quella romanica.
In conclusione, dalle informazioni disponibili sembra potersi dedurre una sequenza che inizia con una villa romana, seguita poi dalla costruzione di una chiesa che ha un termine ante quem nell’arredo liturgico e infine da un castello, del quale nel 1891 si poteva ancora osservare la doppia cinta muraria e l’impianto quadrangolare testimoniato nella mappa del catasto del 1811.
Nella piana ad ovest della collina del castello, tessere di mosaico, una punta di giavellotto, una moneta romana e tombe con corredo sono venute fortuitamente in luce nell’area della villa già di proprietà dei nobili Aleni, feudatari di Bottenago e che detenevano anche il giuspatronato sulla chiesa. Sul lato opposto, verso est, dai piedi della collina fino alle falde del monte Canale (loc. Campagnoli) un particellare regolare antico è testimoniato dalle foto aree degli anni ’50 e ’60. Tutto il territorio di Bottenago appare dunque fortemente antropizzato, con frammenti di laterizi di età romana sparsi in numerosi campi e due epigrafi romane: una ricorda un certo Emilio Claro figlio di Boxarva che scioglie un voto, l’altra è un miliare con doppia dedica a Costantino e Costanzo (324-326 d.C.) e a Massimo e Vittore (384-388 d.C.), che reca l’indicazione di 6 miglia, riferita forse alla distanza da Sirmione di una località lungo la via Gallica che passava da Pontenove di Bedizzole a Desenzano. Il miliare proviene dalla chiesa di Bottenago, dove è stato probabilmente reimpiegato come materiale da costruzione.
Più a sud vi è Carzago, da riconoscere forse nel Carsatjago di un documento dell’ 822. Metà del castello nel 1123 era di proprietà del monastero di Santa Eufemia di Brescia; nei pressi sorge la chiesa di San Lorenzo, ricordata nel 1194 – 1195 in una testimonianza di Scopardo, console di Carzago. Presso la chiesa si conserva un rocchio di colonna che si ritiene provenga da Bottenago.
(gpb)
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Medioevo sul Garda