La Pieve di Valtenesi

La Pieve di Valtenesi

A Manerba del Garda le testimonianze di età romana comprendono un tempio sulla sommità della Rocca, alcuni edifici sul versante occidentale collegati ad una necropoli in uso dall’età augustea al VI secolo, una villa presso la Pieve e alcuni reperti sporadici collegati ad un uso agricolo del suolo.

Presso la Pieve, dopo ritrovamenti fortuiti nel 1931 (tombe alla cappuccina a nord della Pieve) e dopo la Seconda Guerra Mondiale, si sono susseguite due campagne di scavo nel 1977 e nel 1979, uno studio stratigrafico degli edifici nel 2003 e successivamente uno scavo di emergenza nella canonica.

La sequenza comprende, dopo la villa, una fase di occupazione con strutture povere, tra cui una casa seminterrata in muratura legata da argilla e due luoghi di culto: la chiesa battesimale anteriore al VII e un oratorio dedicato a San Siro, ad aula unica con abside semicircolare attribuita, in base alla sequenza, a età tardoantica.

 

Oltre alla pieve di Santa Maria e all’oratorio di San Siro, a Manerba sono testimoniate altre dieci chiese medievali. In totale sono dunque dodici, un numero assai alto che dipende dalla notevole dimensione del comune, da una relazione privilegiata con la Pieve e dall’intenso sfruttamento agrario di molte aree. La piccola cappella di San Biagio sorse sull’isola omonima in età medievale; non ne resta nulla, ma lo suggeriscono le ceramiche che vi si trovavano. Due chiese sorgono isolate sulla riva alta che domina il lago: San Giorgio (infra) e San Sivino. In questa, ristrutturata nel XVII secolo, la parete meridionale con più fasi costruttive e un frammento di pilastrino di recinzione presbiteriale, databile all’VIII secolo, suggeriscono una fondazione altomedievale e una probabile funzione di chiesa funeraria privata in relazione con un’azienda agricola.

Ad età romanica è riferibile la chiesa della Rocca, fortificazione testimoniata per la prima volta nel 1090. Intitolata a San Nicolò e abbandonata alla fine del XVI secolo, è stata messa in luce con gli scavi degli anni ’70. Addossata alla seconda cinta difensiva e costruita in pietre spaccate messe in opera con una certa cura, è ad aula unica con abside semicircolare.

Incerta è invece la cronologia di San Giovanni Battista di Solarolo, ricostruita nel XVII secolo, incorporando nel perimetrale nord un tratto di muratura che palesa una tecnica costruttiva utilizzata tra l’VIII e l’XI secolo. Una fase tardomedievale, databile al XIII secolo, si osserva nel perimetrale ovest di San Bernardo di Montinelle. Non abbiamo dati, salvo la dedicazione a San Procolo, uno dei primi vescovi veronesi, per una chiesa costruita su una collina, non lontano da San Felice, che ora si presenta in forme quattrocentesche e nell’architrave del portale, del secolo successivo, reca un’epigrafe apposta dall’arciprete Lazzaro Zadei, arciprete della pieve della Valtenesi dal 1597 al 1625 (LAZ(ARUS) ZAD(EUS), AR(CHIPRESBITER) V(ALLIS) T(ENENSIS) C.M.: DOMUM TUAM D(OMI)NE DECET SA(N)CTITUDO). Dipendente dalla parrocchia di Manerba fino agli anni ’60 del XX secolo, è stata venduta ad un privato che l’ha trasformata in residenza, mantenendone la struttura esterna. Interamente del XV secolo sono invece la chiesa della Santa Trinità di Solarolo e altre due chiese, Santa Lucia di Balbiana e Santa Caterina di Gardoncino, ricordate, al pari di San Bernardo, nella visita pastorale del 1454.

07g--Manerba,-oratorio-di-San-Siro.

Santa Maria (Pieve Vecchia)

 

Attualmente Santa Maria sorge isolata dall’abitato storico di Montinelle in un’area verde che prima delle riforme napoleoniche aveva funzione di cimitero, ricordato dalla croce in ferro alle spalle dell’abside. La chiesa si presenta come un ampio edificio orientato con campanile isolato antistante la facciata e il complesso delle case canonicali e degli annessi rustici addossato sul lato Sud. Il prospetto denuncia l’impianto a tre navate, dalla complessa genesi; sul lato orientale è visibile la grande abside centrale scandita da lesene piatte e dall’andamento incerto che rinviano a un contesto di X- inizio XI secolo. L’interno, spoglio per la perdita di funzione all’interno dell’articolazione ecclesiastica di Manerba, è caratterizzato da un’ampia navata centrale separata dalle laterali da pilastri quadrangolari.

La prima attestazione documentaria sicura della pieve è contenuta nella bolla promulgata nel 1145 da Eugenio III a favore del vescovo di Verona, che venne confermato nel possesso della “plebs de Teneri cum capellis”: l’identificazione della sede pievana della Valtenesi con Santa Maria si appoggia su una documentazione continua di età medievale e moderna.

La pieve sorge su un modesto rilievo che in un periodo successivo all’età del Bronzo costeggiava il lago, in seguito ritiratosi di oltre un chilometro: l’area venne occupata durante l’Età del Bronzo e in età romana venne costruita una villa, non scavata ma di cui sono emersi numerosi elementi decorativi (mosaici, arredo architettonico, intonaci dipinti), frequentata tra I e IV secolo; nel VII secolo un edificio si insediò su parte dell’area della villa, sfruttandone i materiali.

Le campagne di scavo stratigrafico (1977, 1979) hanno portato anche all’individuazione di un oratorio a nord – est della chiesa: posto a una quota notevolmente inferiore rispetto a Santa Maria è stato identificato con quello di San Siro, citato nelle visite pastorali fino alla sua demolizione nel XVII secolo, ed è presumibile sia stato fondato in età tardoantica o altomedievale.

Nel 2003 è stata compiuta una campagna di analisi degli elevati della chiesa e dell’annessa canonica, ma il rivestimento cementizio dei perimetrali preclude la possibilità di definire la cronologia assoluta delle strutture e di interpretare alcuni rapporti stratigrafici. L’interno della chiesa non è mai stato oggetto di uno scavo archeologico così come il complesso rustico che si sviluppa a sud e il deposito artificiale di circa 3 m che occupa l’area a est dell’edificio. L’analisi degli elevati dell’edificio attuale (XIV-XVI secolo) ha consentito di ricostruire una sequenza di aggregazioni di annessi sul lato nord e sud ad un primo edificio di culto a una navata e profonda abside, coincidente con l’attuale navata centrale.

L’edificio primitivo presentava un impianto ad aula avente una larghezza di 10,25 m e una lunghezza ipotizzabile di 20,02 m: la facciata probabilmente sorgeva, infatti, in corrispondenza del terzo pilastro della navata attuale della chiesa, poiché a ovest di tale pilastro è stata rilevata la presenza di una struttura che si sviluppava verso nord e ovest; inoltre, la facciata attuale taglia due edifici altomedievali. L’aula terminava con una profonda abside semicircolare illuminata da tre finestre con arco a tutto sesto (1,50 x 0,81 m), tamponate e solo parzialmente conservate; la monofora centrale conserva i resti di una transenna la cui datazione oscilla tra la tarda antichità e il IX secolo che non è possibile stabilire se in posizione primaria o di reimpiego. Almeno in età altomedievale l’area presbiteriale era separata dallo spazio dei fedeli da un arredo liturgico in pietra, di cui sono stati rinvenuti alcuni frammenti.

Il perimetrale nord presentava quattro grandi monofore con arco a tutto sesto (1,35 x 0,75 m) all’altezza di 7,60 m da terra; attualmente sono tamponate e la muratura è intonacata. Per la datazione di questa fase dell’edificio è possibile osservare che lo spigolo nord-est dell’aula presenta una muratura in opera incerta ed è coperto da due tegole piane di tipo romano: tali caratteri riportano a un orizzonte tardoantico ma, in assenza di uno scavo, non è possibile stabilire se le murature in alzato appartengano alla primitiva edificazione o a una ricostruzione del X secolo, anche se sembra più plausibile la conservazione di una fase tardoantica e un rifacimento della parte superiore della calotta absidale nel X secolo avanzato.

A questo edificio, in un periodo successivo, fu addossata una cappella sul fianco meridionale, dotata di una piccola abside a sesto ribassato costruita in blocchetti di tufo e laterizi romani alternati, e i due ambienti vennero collegati da una grande arcata a tutto sesto adiacente il presbiterio, tuttora visibile sopra l’arcata della navata trecentesca: questo intervento si data a una fase anteriore all’XI-XII secolo, poiché allo spigolo esterno di questa cappella venne addossato un edificio di età romanica nell’ambito di una campagna che vide la costruzione delle case canonicali e forse di uno xenodochio.

All’inizio del XII secolo, nel presbiterio della chiesa venne realizzata una ricca decorazione pittorica: sono riconoscibili – sotto gli strati di un nuovo intervento trecentesco – la Maiestas Domini del catino absidale, frammenti di figure di santi nella fascia centrale e scene di martirio accompagnate da iscrizioni nel velario. In seguito la decorazione venne estesa alla navata con la grande rappresentazione del Martirio di sant’Orsola sulla parete meridionale: si riconosce, entro una città murata e presidiata da soldati, la figura di Attila in trono che ordina l’uccisione della giovane donna e del suo sposo. Il dipinto venne in parte danneggiato tra XIII e XIV secolo in occasione dell’apertura delle arcate che collegarono gli annessi sud e nord all’aula centrale, a costituire un unico edificio a tre navate. La medesima tecnica muraria in opera quadrata con blocchi di rosso ammonitico e Botticino caratterizza i sostegni delle navate e il nuovo arco trionfale addossato al precedente. La struttura ricevette una nuova decorazione pittorica, che ripropose l’articolazione e i temi della fase romanica, con un sensibile aggiornamento al linguaggio giottesco: si conservano in condizioni di discreta leggibilità l’Annunciazione sull’arco trionfale e la Maiestas Domini nel catino absidale, mentre più frammentarie sono le Storie della Vergine del registro intermedio e il velario di quello inferiore.

All’inizio del Quattrocento un raffinato maestro di cultura veronese realizzò una straordinaria decorazione nell’abside meridionale, con il Giudizio universale e figure di Sante che richiamano la cultura di Altichiero: la finissima stesura pittorica era accompagnata da un ricchissimo dispiego di dettagli (le aureole, particolari delle vesti) in lamina metallica, di cui si osservano ancora le incisioni preparatorie.

Nel XV-XVI secolo le coperture originarie furono sostituite da volte a crociera e vennero realizzati altri dipinti murali nell’aula e in sacristia, mentre gli edifici residenziali subirono ulteriori aggiunte e trasformazioni. Nel Seicento fu realizzato anche l’imponente campanile antistante la chiesa.

Questo post è disponibile anche in: Inglese



Category

Medioevo sul Garda