
La pieve di Montichiari
La pieve di San Pancrazio a Montichiari costituisce una tra le pievi più importanti e tra le meglio conservate della diocesi bresciana. Il complesso, esattamente orientato, presenta un impianto basilicale a tre navate, con terminazione ad absidi. Collocato a sud-ovest della collina di San Pancrazio, grandeggia per la severità del suo aspetto, con linee architettoniche estremamente semplici ed essenziali, e per la bella muratura in medolo a conci squadrati, disposti a corsi orizzontali. Le navate sono separate da un motivo alternato di colonne e pilastri cruciformi, al di sopra dei quali si innestano poderosi archi trasversali che dividono in quattro campate tanto la navata centrale, quanto le laterali.
Nelle sue murature reimpiega elementi marmorei di epoca imperiale romana tra i quali un monumento funerario raffigurante due busti di coniugi, ora piedistallo alla terza colonna di destra. In testata d’angolo alla facciata (in basso a destra), un concio è decorato con foglie d’edera nascenti da un vaso bacellato con piccole anse orizzontali, al lato del quale vi è un delfino per parte con la coda rivolta in alto. Assai significativa è poi un’epigrafe funeraria, collocata nella ghiera della porta nord, di un certo Cornelio che ha posto la stele per sé e probabilmente per la moglie Seconda e il figlio Candido. È probabile che questi materiali provengano dall’area cimiteriale collegata ad una villa romana, costruita ai piedi del colle.
I peducci, adorni di testine e rosette, e i capitellini delle lesene, decorati da intrecci con gusto raffinato, realizzati in pietra arenaria grigia, sono associabili alla produzione veronese e gardesana del secondo quarto del XII secolo. All’interno del presbiterio è ora collocata una lastra di ambone in pietra rossa di Verona, risalente alla seconda metà del IX secolo, recuperata fra Montichiari e Carpenedolo.
La chiesa, fondata per affermare l’indipendenza della Chiesa dal potere feudale locale, è stata riportata all’impianto romanico da una lunga fase di restauri (1985-2005), che hanno previsto la demolizione di tutte le strutture aggiuntive e la parziale ricostruzione delle parti ammalorate o andate perse.
L’impianto originario era caratterizzato da un ampio presbiterio che, sopraelevato di tre gradini dal piano delle navate, occupava per intero la quarta campata, estendendosi poco oltre gli ultimi pilastri cruciformi. Il presbiterio si estendeva, alla stessa quota, anche nelle navate laterali con un accesso riservato al clero a meridione, testimoniato dall’elegante porta visibile ancora dall’esterno. Al centro era l’altare maggiore, dedicato a San Pancrazio, e due minori ai lati, dedicati a San Biagio (quello a sud) e probabilmente alla Vergine (quello a nord).
L’edificio romanico doveva essere caratterizzato anche da un’iconostasi formata da due colonne e una trabeazione (probabilmente in legno) che divideva percettivamente il presbiterio dall’aula congregazionale.
Adiacente alla chiesa o vicino ad essa sorgeva probabilmente un imponente campanile il cui improvviso crollo, probabilmente associabile ai devastanti effetti di un terremoto come quello del 1222, coinvolse buona parte della muratura nord-est dell’edificio (l’abside nord e la campata antistante).
L’unità costruttiva dell’edificio romanico è dimostrata dalla continuità delle murature, sia internamente sia esternamente, per tutta la lunghezza delle navate. Quelle che appaiono come due fasi costruttive distinte sono, più semplicemente, riconducibili ad un cambio delle maestranze, avvenuto a circa metà della costruzione della chiesa. Ne rimangono evidenti tracce soprattutto nell’area presbiteriale.
Una testimonianza della grandezza e della ricchezza del pievato è anche la preziosa croce astile, datata al XIII-XIV secolo, oggi in uso presso la Parrocchiale.
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Medioevo sul Garda